martedì 2 aprile 2013

Nella zona grigia dell'infinito

Nel blu del cielo stellato d'agosto 
Tra luci d'astronavi e stelle cadenti
Il tuo cuore ha ceduto di schianto.
Non era la prima volta e non sarà 
L'ultima, nel terzo millennio la vita
È l'eternità che ti toglie il respiro, 
La frenesia che svuota la mente.

La memoria è un elenco di date:
Due secoli fa il nostro incontro,
Il primo bacio, la notte più lunga,
La scelta di non separarci più.
Anime e corpi siamesi: è questo
L'amore che ci unisce da allora, 
Il respiro che vibra all'unisono.

Ora la stanchezza del tuo cuore
È anche la mia: sento che i battiti
Rallentano, che sto vagando 
Nella zona grigia dell'infinito,
Che la materia oscura sta
Per eliminare emozioni e ricordi
Residui, che il nulla è a un passo.

Non è il corpo a morire, ma l'anima
A smarrire l'identità, a svuotarsi
Di storia, a non ricordare nulla.
Quel momento è vicino: da perfetti
Sconosciuti tra un po' ci troveremo
Muti a guardare il tramonto
Da astronavi in rotta di collisione.

sabato 16 febbraio 2013

Il dolore è per sempre


Avremmo dovuto eppur saperlo
che il tempo è il nostro fardello,
non l'astronave dell'amore eterno,
non la distesa infinita di verdi prati,
di onde leggere e bassi fondali,
che ci accolse al primo battito d'ali.

Avremmo dovuto capirlo da subito
che lottare contro forze soverchianti
è vano, che non basta essere amanti
per volare oltre i confini dell'infinito,
che il cuore prima o poi si abitua
alla gioia, ma il dolore è per sempre. 

Avremmo dovuto aver memoria 
dei sogni interrotti, dei baci distratti
scambiati in altre vite, degli anfratti
del cuore in cui sopravvive la storia
dei tradimenti passati, dei viaggi
tra lune e comete, per rincontrarsi. 

Avremmo dovuto cogliere l'attimo, 
quando il vento gonfiava le nostre vele.
Quell'errore ora ci pesa, è il sale 
sparso su ferite profonde, su strade
ghiacciate, su pietanze senza sapore. 
Spegneremo le luci prima d'andar via. 

giovedì 14 febbraio 2013

Un istante nel flusso del tempo


Violini struggenti cercasi:
queste rose ormai sfiorite 
non mi parlano d'amore
ma di croci nere sul cuore
di acque torbide, di lune 
oscure, di tiri alla fune
sulla verticale della notte. 

Chitarre dal suono spento,
melodie che il vento distorce:
se è ciò che resta della passione 
chiedo asilo al silenzio, 
mi prendo la colpa, ti perdono,
mi arrendo al volere del fato,
nella nebbia mi cerco come sono.

La prova d'orchestra è fallita,
archi, fiati, percussioni hanno 
suoni diversi, armonie disuguali.
Non ti seguo più sul filo dei ricordi, 
le mie emozioni non hanno più ali,
ciò che ci ha unito è vuoto d'accordi,
solo un istante nel flusso del tempo. 

Un sole di corallo per l'addio


Mi svegliai alla luce di tre lune:
al tocco di magia dell'infinito 
gli amanti scelsero la più bella
i poeti si truccarono da stella.

Scoprii quella notte di avere
più di un cuore, anche a destra
un palpitare di vita mi sconvolse:
mi lasciasti il tuo, prima di un forse.

Ti ritrovai un dì su fredde comete,
su sassi vaganti nello spazio,
tu che meteora mai per me
non fosti, ma fitta trama di perché.

Scelsi la galassia più invisibile, 
per sfuggire agli sguardi di dio,
un cratere di vulcano per letto
un sole di corallo per l'addio.

Quando il sole era luce che abbaglia


È stato un raggio di luna a dirmi di te
un vento di mare a portarmi 
il tuo profumo di donna inquieta
un brillio di stelle sfocate 
a sfasare i luoghi della memoria.

Un'ombra di donna mi ha cercato:
non ti ho riconosciuta, il tempo
ti ha cancellato il sorriso
sino a darti sguardi sfuggenti
voce sommessa e stonata.

Ho passeggiato con te sino al mare
mano nella mano, nel silenzio, 
nella solitudine dell'alba sbiadita, 
il sole negli occhi,  la sabbia tra le dita,
non è stato l'inizio, ma il commiato.

Ho sentito il tuo cuore, il fiato 
ti ho preso, il tuo silenzio è stato mio:
poi hai seguito i gabbiani in volo,
l'orizzonte ci ha diviso, tu sei stata notte
quando il sole era luce che abbaglia.

martedì 5 febbraio 2013

Cascate d'acqua tra dirupi scoscesi


Un'alba assonnata tra nuvole di fumo.
Forse è solo l'umida foschia del mattino, 
a confondere i contorni del tuo viso. Il grumo
di ricordi s'allenta, ciò che è stato destino
ora è terra vuota, nube che nasconde il sole. 

Eppure c'è stato un tempo di gemme e viole,
d'abbracci quotidiani, di follie conclamate,
di piogge e arcobaleni, di stanze sconosciute
eppure amiche, in quell'anticipo d'estate
che ci precipitava verso verità taciute. 

Quell'ora è svanita in un girovagar d'amore,
In vuote passioni, in cascate d'acqua tra dirupi
Scoscesi, in un lento ripiegar del cuore
Verso spiaggie, riparate da orizzonti cupi, 
Ma solitarie, esposte ai venti freddi della sera.

Non è servito far scorrere il tempo, se la sfera
Del fato ancora ci punta, se ciò che so di te,
Se ciò che sai di me, è lo scrigno intatto 
Che chiamiamo amore, anche quando non c'è
chiave che può aprirlo, nascondiglio adatto
Per sottrarlo allo sguardo di chi ci ha diviso.


martedì 29 gennaio 2013

E' un gorgo l'amore, un baratro felice

Cala il sipario, ma la recita continua: 
ci manca il canovaccio, il copione
da seguire. Si recita a soggetto, si bara, 
s'inventa giorno per giorno un'emozione,
s'intrecciano amori, si gioca e si spara. 

E' lo scorrere della vita a tradirci:
è in questo alternarsi di venti contrari,
di flutti e maree, nel nostro sentirci
muti, traditi e storditi, nell'andare a fari 
spenti incontro al nulla, che affoghiamo. 

E' un gorgo l'amore, un baratro felice.
Che fremito è quel lanciarsi nel vuoto 
senza difese, il mischiarsi d'anime scosse,
quel giocarsi la vita a dadi con l'ignoto,
quell'adornare le stanze di rose rosse.

E' quasi notte per la ragione ed il cuore: 
lassù, forse, qualcuno ci ama, ma non ci è 
dato saperlo. Qui e ora è il sordo rumore
dei cingolati, il vento impetuoso del fato, 
a scavare trincee nell'anima, a toglierci il fiato.